Paniscia

Il mondo della Bassa si incarna nella risaia, nella coltura del riso dalla quale nasce un piatto che appartiene solo ai novaresi: non un semplice risotto ma la "paniscia"; una semplice preparazione che rispecchia la schiettezza della gente novarese.
Il nome "paniscia" deriverebbe dal fatto che in origine al posto del riso si usava il panìco, cereale di scarso pregio simile al miglio.
La "paniscia" era il piatto superlativo, delle festività e delle grandi occasioni ma non solo: per l'avvocato Genocchio, novarese, è anche un atto di poesia, perché nel riso ci deve essere la serenità delle verdi risaie, nelle verze la brina delle albe nebbiose, nei fagioli la compattezza e il gusto sapido della feconda terra del vino, senza dimenticare la presenza del salame.
Questo piatto era il simbolo dell'alimentazione e della vita dei contadini: non dicevano di lavorare per guadagnarsi "la vita" o "il pane" ma per guadagnarsi "la paniscia", per assicurare ai figli "un piatto di paniscia". Era anche espressione e simbolo di amicizia, dire che due persone "facevano" o "mangiavano assieme la paniscia" equivaleva ad affermare la loro sicura ed indissolubile amicizia.
Della paniscia esiste una ricetta base, ma ogni massaia lo preparava secondo l'abitudine locale ed i gusti dei famigliari.
Il riso non rientrava solo in questa preparazione ma anche in altre specialità, ricordiamo ad esempio il riso con i fagioli o con le rane.
I vecchi adagi ricordano che "il riso si fa aspettare, ma non aspetta" e che "il riso nasce nell'acqua e muore nel vino".
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